Việt Văn Mới
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MILANO - SÀIGÒN : ANDATA O RITORNO?



 

1-

Sono appena le 6 di mattina ma l’aereo e’ gia’ atterrato! Secondo il programma sarei dovuto arrivare all’aeroporto di Malpensa alle 6h35.

In tanti anni che avevo viaggiato con la linea aerea del Qatar ero sempre arrivato prima dell’ora prevista.

Elena e’ gia’ all’areoporto. Lei e’ partita due settimane prima di me per aver qualche giorno per stare con i suoi parenti e quella mattina si era svegliata alle 4 per venirmi a prendere al mio arrivo dal Vietnam.

La sera prima, alla partenza, ai miei nipoti che erano venuti per accompagnarmi all’aeroporto Tan Sơn Nhat avevo detto:

- Sono una persona fortunata, andavo all’areoporto accompagnato e al mio arrivo trovavo anche una persona ad accogliermi.

A fare la fatica e’ Elena, sempre sola, con tante cose da organizzare e, nonostante cio’, lei e’ sempre allegra e premurosa, attenta a tutto, desiderando sempre che gli altri vengano curati in ogni particolare.

La sua gioia e’ dare e non ricevere.

A volte ho pensato che lei fosse in debito con me in una vita precedente e che dovesse pagarlo ora in questa vita. Ma sembra cosi’ contenta di saldare il suo debito, auto qualificandosi come debitrice eterna, ma con grande gioia.

2-

Lungo la strada che dall’areoporto  di Malpensa porta a Milano, c’erano file di piante dalle foglie verdissime e fresche. Elena mi diceva che aveva piovuto nei giorni precedenti e la pioggia aveva portato via la polvere, lasciando le foglie piu’ verdi.

Ripensavo alla differenza con le chiome dalle foglie marroncine delle piante di Saigon, sempre coperte dal fumo e dalla polvere delle continue costruzioni.

La temperatura di fine maggio e’ ancora fresca, forse dovuta alle piogge impreviste e sembra primavera.

La nostra auto corre dolcemente sulla strada a 6 corsie, larghe e con poco traffico, a differenza del caos e dell’affollamento di Saigon che ho da poco lasciato.

3-

La strada e’ scorrevole e, in poco tempo, usciamo dall’autostrada per svoltare sulla provinciale. La citta’ non si era ancora svegliata e quindi c’e’ poca gente in giro. Il ritmo frenetico della societa’ occidentale e’ ancora come addormentato e questo mi fa sentire come se fossi entrato in un altro mondo.

Ancora pochi minuti e saremo a casa. Casa? Ma dove siamo? E’ Milano, la citta’ dove ho vissuto per 40 anni ma, come mai, mi pare cosi’ diversa dopo soltanto un anno di lontananza? Sara’ questa l’ultima volta prima di decidere se non tornare piu’ o tornare soltanto rare volte?

4-

Siamo arrivati alla nostra casa immersa nel verde. Mentre Elena va a parcheggiare, guardo gli scoiattoli che saltellano velocemente sul prato del nostro giardino. All’improvviso mi tornano in mente le mattine primaverili quando prendevo il caffe’ sul balcone del nostro appartamento al terzo piano. Il cielo e’ sgombro, non ci sono grattacieli che ostruiscono la mia visione. Davanti a me soltanto le chiome di alte piante, verdi e dalle foglie lucenti. Nell’aria tanti canti di uccelli. Guardavo qualche nuvola bianca nel cielo blu e, a volte, c’era un uccello che si lanciava verso l’alto come un razzo per scendere poi verso il giardino. I brevi silenzi erano spezzati dalle grida delle cornacchie che facevano il loro nido sulla cima del pino piu’ alto all’angolo del giardino. Altre volte volavano per appoggiarsi sulle antenne delle TV, sul tetto dell’appartamento del terzo piano difronte, facendole ondeggiare leggermente.

Le chiome delle bianche betulle difronte alla mia casa sono verdissime. La loro altezza arriva a circa un metro oltre il mio balcone.

I primi rami distano circa due metri dalla ringhiera del balcone e, nelle mattine d’inverno, con la tazza del caffe’ in mano, se aveva nevicato, riuscivo a vedere la neve che si stava sciogliendo in piccolo goccie e scorrere lungo tutti i rami fino a quello estremo dove si fermavano per unirsi a formare una goccia piu’ grande che, non raggiungendo ancora il peso sufficiente per poter cadere, si dondolava come una perla. Aspettavo con pazienza che qualche altra piccola goccia la raggiungesse e, con l’aumentare del peso, la perla iridescente infine si staccasse per cadere ed unirsi alla neve che si trovava alla radice dell’albero.

Entrando in casa, Elena continua a parlare ma la mia testa, in quel momento, pensa ad alcuni libri che ho nella borsa. Sono 3 volumi della bozza del mio romanzo “Bàn Tay Nhỏ Dưới mưa” ( “Piccola mano sotto la pioggia”) che lo scrittore Nguyen Minh aveva stampato per prova, per darmi la possibilità di regalarlo ad alcuni amici, Thiện di Parigi, Vũ di Milano e Ngọc Nga đi Torino, unica scrittrice vietnamita in Italia.

La mia mente era piena di entusiasmo per l’inizio del mio percorso letterario, pensavo alla “piccola mano sotto la pioggia” il primo romanzo che avevo scritto e che era stato accolto calorosamente dalla societa’ culturale Phuong Nam, firmando un contratto per pubblicarlo entro l’anno con la casa editrice dell’Associazione degli scrittori (2011)

Quando vivevo in Italia avevo scritto “Il bagaglio del giorno del ritorno” (Hành Trang Ngày Trở Lại, Casa editrice Tre, 2007) e consideravo il Vietnam come un rifugio dopo la vita frenetica della societa’ occidentale.

Mentre scrivevo “La piccolo mano sotto la pioggia” (Bàn tay Nhỏ Dưới mưa)  durante i viaggi di andata e di ritorno, la società vietnamita era ormai diventata come le società occidentale, il Vietnam si era occidentalizzato. Soltanto pochi anni ma il cambiamento era stato notevole.

Ero troppo stanco della vita caotica e frenetica. Bisognerebbe allentare il ritmo della vita e, forse, soltanto cosi’ si potrebbe ritardare l’influenza della tecnologia sulla cultura, sulla civilta’ e sulla natura. Erano questi i pensieri pieni di irritazione che si trasferivano, con le mie parole, sulle pagine nel mio romanzo.

“La piccola mano sotto la pioggia” era ambientato in una societa’ di cui ero testimone e che potevo confrontare grazie ai frequenti viaggi di andata e ritorno.

Ma da dove nasceva la storia di una donna che, solo dopo 40 anni riuscira’ a trovare la sua “meta’ ”? E perche’, esattamente dopo tre anni di felicita’, deve affrontare una malattia incurabile, rivedere la propria vita per poi porsi infine la domanda: ma chi sono io?

E allora, chi e’ Gấm?

Anche due anni prima, rileggendo la prima bozza del romanzo con alcuni amici a Dalat, il medico Lu Kieu e lo scrittore Khuat Dau mi avevano posto quella domanda.

Allora ero rimasto in silenzio, non trovando una risposta adeguata.          

5-

Riposo un giorno per il fuso orario e la mattina seguente andiamo a trovare il padre di Elena. Dopo l’ictus, da un anno, e’ costretto sulla sedia a rotelle e parla con molta difficolta’. Elena e’ molto triste perche’ in certi momenti bisogna avvicinare l’orecchio per riuscire a capire le sue parole appena sussurrate. Meno male che c’e’anche Fiorella ed un’infermiera per ogni necessita’.

Il pomeriggio mentre torniamo a casa ci chiama Giuseppe sul cellulare per invitarci a passare da lui la mattina seguente.

Cosi’ il giorno dopo siamo seduti sotto la veranda della casa di Giuseppe. Forse e’ piu’ di un anno che non ci eravamo visti, per gli impegni e la lontananza. Parlavamo di tutto, raccontando del tempo passato e delle novita’. Giuseppe e’ stato sempre una persona molta attiva e sono legato a lui da una forte amicizia.

Lo conobbi al mio arrivo in italia, quando iniziai gli studi universitari presso la facolta’ di Chimica e Tecnologie Farmaceutiche a Milano e lui partecipava al movimento studentesco.

Mi ricordai di un episodio quando, dopo una manifestazione contro l’intervento americano in Vietnam, passando nella zona S. Babila, poiche’ portava ancora in mano una bandiera dei Vietcong, fu fermato e picchiato a sangue da alcuni fascisti che scapparono poi velocemente all’arrivo della polizia.

Il tempo passa ma resta ancora il ricordo di quelli ideali e dopo tante vicende ora Giuseppe e’ un manager del gruppo farmaceutico Bayer. Nella sua carriera ha rifiutato le lotte per interesse e il potere, trovando una personale soddisfazione nell’organizzare un club dei lettori.

Sapendo del mio romanzo e delle mie traduzioni ci mettiamo d’accordo per partecipare ad una serata in cui avrei potuto incontrare i membri di questo club presso la biblioteca.

6-

La mattina di qualche giorno dopo, siamo andati a visitare la tomba della madre di Elena. In realta’ e’ una cassetta con le ceneri, sistemata nello spazio ricavato in un grande muro.

Come e’ strana la vita! Avevamo passato tanti momenti insieme e poi, dal funerale, non c’eravamo piu’ rivisti. Vita e morte, e’ logico, ma attorno a noi tante persone vivono come se non dovessero morire mai.

Elena pulisce con cura la fotografia della madre e poi accende un incenso. Con le mani congiunte stavo al suo fianco e osservavo come mia moglie si fosse vietnamizzata. Finisce il fumo dell’incenso e andiamo via.

Siamo andati presto e il cimitero e’ ancora deserto. Alcune foglie si staccano dai rami cadendo tristemente  

Appena entrato in auto Elena mi dice:

- Ora torniamo a casa e cominciamo a liberare l’appartamento. Dobbiamo lasciarlo vuoto per poterlo affittare perche’ le prossime volte che torneremo in Italia, forse non potremo starci piu’.

Rimango sconcertato. Prima di tornare in Italia mi ero preparato psicologicamente ma, a dire la verita’, non ero del tutto pronto a subire questo colpo. Cosi’ abbiamo cominciato a sbarazzarci delle cose inutili, come cassette, giornali, riviste, vecchi documenti e altre cianfrusaglie. Ma ogni cosa che veniva buttata via era un ricordo, come un taglio nella propria carne.

Quarantanni vissuti in Italia, cambiando casa qualche volta e tutte quelle cose mi avevano seguito. Ora dovevo disfarmene perche’non potevo portare tutto con me.

I libri soprattutto, e’ difficile fare una scelta. L’idea di buttarli via mi da’ troppo dispiacere. Potrei regalarne una parte agli amici, sperando che riescano a trovare il tempo per leggerli, ma quelli che per me sono importanti, preziosi, con cautela li mettero’ da parte per portarli a mano a mano in Vietnam nei prossimi viaggi.

Quarantanni. Sono stato legato strettamente a questo paese, con tanti amici italiani, ho sposato una donna italiana, ho studiato, lavorato ed ho accumulato tante esperienze grazie anche a vari professori, bravi scienziati e molto umani.

Penso alle persone a cui sono grato. Tante. Agli amici come Franco Albani, Guido Vantini, Giuseppe Curci, Angelo Rossi, Cristina Fitchner che hanno condiviso con me i momenti belli e brutti e che mi hanno confortato quando ero triste o giu’ di morale.

Ai carissimi colleghi Umberto Missiroli, Loris De Conti, Ivano Fornaciari, Marco Adami, Enrica Taglietti, Giovanni Pinti, Adriana Marini, Anna Pinna, Sandra Romboli, Massimo Paperini.. ai rispettabili ed onorevoli professori quali Ferruccio Berti, Luigi Villa, Emilio Trabucchi...

Vivere nel mondo occidentale era stata una grande opportunita’ e mi sentivo in debito verso l’italia, verso l’amore di Elena, la ragazza che conoscevo da piu’ di 40 anni e che mi amava piu’ di ogni cosa nella vita. Un amore limpido, senza nessun interesse o calcoli vili. Lei ha accettato di essere al mio fianco fin da quando, appena diciottenne, arrivai dall’estero per studiare all’universita’, insieme quando ci furono i difficili momenti dopo il 1975, quando stavo in un appartamento senza riscaldamento, tanto che l’interno della casa, in inverno, era piu’ freddo dell’esterno. Lei e’ rimasta con me quando ero senza soldi per poter fare colazione, a digiuno andare a studiare in biblioteca per stare al caldo ed aspettare ansiosamente l’ora per poter pranzare alla mensa universitaria. Lei mi incoraggio’, consolandomi quando ero giu’ di morale e mi diede la forza per superare gli ostacoli. E’ rimasta con me quando, dopo la laurea, facevo lavori sottopagati fino a trovare finalmente il posto giusto, raggiungendo anche una posizione importante come direttore tecnico e responsabile del laboratorio di Tecnica Farmaceutica per la Vetem, una ditta veterinaria del gruppo Feruzzi.

Quarantanni. Ho costruito la mia vita con tenacia per superare gli ostacoli, spesso anche obbligato dal destino, senza possibilita’ di scelta. Tante volte ho dovuto stringere i denti, ma ci sono state anche occasioni per sorridere, considerando le difficolta’ come sfide necessarie, da affrontare a testa alta.

Il doversi mantenere gia’ era un problema, in piu’ mi feci carico anche dei problemi dei familiari in Vietnam, rimasti in gravissime difficolta’, poiche’ ogni bene della famiglia era stato confiscato (dal 1975) dal nuovo governo vincitore della guerra.

Erano gia’ tredici anni che io ed Elena ci conoscevamo, ma non avevamo mai trovato il coraggio di decidere per il matrimonio a causa delle molte difficolta’. E nonostante tutto Elena aspettava pazientemente che arrivasse il momento in cui il peso sulle mie spalle si fosse alleggerito.

Ora capisco che le difficolta’ possono essere un catalizzatore per far sbocciare fiori nel giardino del sentimento umano. Alto, basso, onore o disonore, ho passato tutto e tutte le cose sono mutevoli, tutto cambia e tutto e’ impermanente… tranne Elena che e’ rimasta, sempre Lei al mio fianco, l’unica costante, in ogni momento, anche quando eravamo distanti piu’ di 10.000 km. E’ una persona che ha accettato tanti sacrifici e che mi ama in modo intensissimo.

Un amore fatto da due cuori che si trovano su una linea di confine, tra inserimenti e assimilazione, superando le differenze tra le due culture, quella vietnamita e quella italiana.

Recentemente anche lei ha abbandonato tutto, persone e cose a lei care, per seguirmi e vivere in Vietnam, un paese dove ci sono tante difficolta’ e problemi.

Tutti questi pensieri passano per la mia mente come un vento lieve e, all’improvviso, ho come un’illuminazione: ho finalmente le risposte alle domande che mi avevano posto gli amici e tutto sara’ piu’ chiaro quando avro’ occasione di parlare del mio romanzo “Bàn Tay nhỏ dưới mưa” nell’incontro al club dei lettori del mio amico Giuseppe.

7-

Alla biblioteca di Albairate, dopo avermi presentato a tutti i partecipanti al gruppo di lettura, Giuseppe mette sul tavolo i tre libri-bozza di “Bàn Tay nhỏ dưới mưa” e poi mi chiede di fare un breve riassunto della trama per i suoi amici.

Dopo una breve introduzione comincio a raccontare della vita di Gấm, una donna infelice, con due matrimoni falliti alle spalle, del suo incontro con la sua vera meta’, un uomo che conoscera’ la profondita’ del suo animo e che le dara’ fiducia. Solo in quel momento Gấm conosce l’amore e ama appassionatamente, “come se fosse la prima volta”, e comprende che “la vera felicita’ e’ fatta dalle piccole cose”.

L’incontro con questo uomo migliora la sua conoscenza e la porta ad imparare molte cose importanti. Per ironia della sorte, proprio quando crede di aver raggiunto la felicita’ insieme all’uomo della sua vita, lei si accorge di avere un tumore inguaribile ai polmoni.

Questa malattia moderna ha dato lo spunto per inserire questa storia d’amore in un contesto piu’ vasto, dove l’avidita’ e l’incoscenza umana hanno provocato confusione nella societa’, inquinamento, epidemie, insicurezza alimentare, spingendo l’uomo giorno dopo giorno a vivere contro la natura.

Di fronte alla morte imminente, Gấm e’ tormentata, ossessionata da mille pensieri ma, infine, capisce che “avere una ragione per vivere e’ piu’ importante della vita stessa”, chiedendosi “ma chi sono io?”.

Mentre parlavo mi rendevo conto che mi stavano ascoltando con interesse e condividevano le stesse idee. Si inizia subito a parlare del ritmo frenetico della vita, di come il nostro tempo venga speso, e anche male, per bisogni inutili. Qualcuno aggiunge che i modi per divertirsi sono tanti, ma la gioia e’ una cosa rara. La nostra mente e’ sempre disturbata, agitata. Uno del gruppo porta l’esempio degli operai che lavorano alla catena di montaggio, con ritmi massacranti, in cui ogni gesto deve essere svolto secondo fasi precise e nel tempo predeterminato. Finito il lavoro, si torna a casa esausti e tesi per il traffico. Ogni cosa deve essere fatta in fretta, tutto express, very fast, dal mangiare al fare la spesa, dal divertimento all’amore.

Giuseppe interviene aggiungendo che il mondo e’ cambiato velocemente negli ultimi anni e, cosi’, l’uomo non e’ riuscito ad adattarsi, perdendo il proprio equilibrio psicologico.

Si sono sviluppati vari mezzi di comunicazione ma, nella societa’, la gente non si conosce. Sembrerebbe che l’aumento dei mezzi di comunicazione e dei social come Facebook, sia inversamente proporzionato ai contatti tra individui, la gente vive uno accanto all’altro ma non insieme, si vive in un mondo fittizio, cibernetico, vissuto attraverso un monitor.

Parlando cercavo di tradurre velocemente alcuni estratti a proposito dell’amore febbrile di questa giovane donna per il suo uomo, la sua ossessione per la morte imminente e soprattutto sull’analisi psicologica di Gấm quando correva lungo la riva del fiume Binh Quoi, guardando le nuvole che si univano formando dei castelli nel cielo, subito distrutti dal vento, e i suoi pensieri sul significato della sua vita.

Un amico del gruppo mi chiese perche’ non traducessi il romanzo in italiano. Gia’, prima non ci avevo pensato, forse si potrebbe fare, eliminando parti non essenziali.

Gli amici del club poi si mettono a parlare del romanzo ma, a dire il vero, la mia mente sta pensando alla pubblicazione del volume in Vietnam. Sento appena le parole di Giuseppe:

-“Quarantanni, cosi’ sono passati quarantanni”.

All’improvviso ho avuto come una rivelazione: ma quarantanni e’ la stessa eta’ di Gấm, e perche’ mai i suoi anni coincidono con gli anni che ho trascorso in Italia? E come mai Gấm vive nella felicita’ soltanto tre anni e poi scopre la sua malattia?

Tutte queste coincidenze sono soltanto un caso o e’ stata la voce del mio subconscio ad esprimerle? Tutto il mio amore giovanile e appassionato per il mondo occidentale, mi appariva ora come un gruppo di nuvole pronte a dissolversi nel cielo. Gli alti e bassi della vita di Gấm non erano stati molto diversi dai momenti vissuti nella mia vita, negli stessi anni. Amore, felicita’ e delusioni, tutto cio’ a cui sono strettamente legato… come faccio a staccarmi senza provare dolore, anche se e’ per tornare nel paese dove sono nato?

I miei quarantanni vissuti in occidente non sono allora diversi da quelli pieni di vicessitudini di Gấm. Poi tre anni, proprio tre anni che ero tornato a vivere nel mio paese d’origine, dove pensavo di essere felice e sereno. Ma dopo poco tempo la gioia del ritorno svanisce, tanti mutamenti nella societa’ asiatica che si accanisce brutalmente per raggiungere la globalizzazione.

Sono state piano piano cancellate la semplicita’ e la serenita’ della vita legata alle tradizioni, facendo apparire la contraddizione dell’impatto per l’inserimento e l’integrazione. Le insicurezze alimentari, l’esaurimento delle risorse terrestri, l’inquinamento atmosferico, tutto cio’ ha provocato il cancro.

Gấm è morta! Come e’ morto un sogno, e’ finita una vita tranquilla!

I primi Tre anni in Vietnam, il tempo sufficiente per accorgermi che una vita serena come avevo immaginato non c’era piu’. Le famiglie si sgretolavano, gli anziani soffrivano di solitudine. Si sono diffuse varie malattie moderne, come l’ansia, le preoccupazioni, lo stress, con conseguente depressione e aumento dei suicidi. I progressi della medicina hanno migliorato la salute fisica, mentre la salute mentale giorno dopo giorno e’ diminuita. Si vive piu’ a lungo ma la vita e’ senza significato. Ma la vita in Vietnam e’ proprio diversa da quella in occidente?

Tre anni, seduto al caffé  popolare sui marciapiedi, quante volte ho visto gente che guidava la moto con una mano, mentre con l’altra  scriveva e inviava sms sul cellulare. Una madre portava il figlio sul motorino per andare a studiare ai corsi supplementari, fuori l’orario scolastico, e il ragazzo  cercava di mangiare o bere qualcosa sul motorino in corsa.

Una volta, su di un pullman per andare verso una citta’ del centro del Vietnam mi ero spaventato nell’accorgermi che l’autista sbandava spesso e continuava a stropicciarsi gli occhi per vincere la sonnolenza. Ad un tratto sembrava quasi che il pullman uscisse di strada.

Il ritmo della vita aumenta vertiginosamente, mentre i rapporti umani peggiorano. Anche nell’ambito familiare i fratelli si scontrano a causa del denaro, i figli maltrattano i genitori , si usa la violenza per sopraffare i piu’ deboli, per contendere la proprieta’ del terreno e, a causa della speculazione, il loro prezzo sale alle stelle! Sembrano tutti impazziti nella corsa per guadagnare soldi, per il frenetico acquisto di beni materiali.

Tutte queste delusioni e tanto dispiacere mi guidavano le dita sulla tastiera e, attraverso il mio subconscio, “la Piccola mano sotto la pioggia” e’ stata creata.

Vedo Giuseppe sfogliare i vari paragrafi del mio libro e mi chiede:

- Ma dove hai preso spunto e ispirazione per questo romanzo?

Ho preso spunto da diversi personaggi, ho unito le storie della vita, della felicita’ e della sofferenza di tante persone, a cui ho poi aggiunto la mia ansia, le mie inquietudini e il conseguente stato d’animo.

Per questo motivo ho scritto il mio romanzo con diversi specchi, di cui ognuno riflette un angolo diverso. Qualcuno e’ rivolto verso l’interno, illumina l’interiorita’del personaggio, un altro e’ orientato verso l’esterno per guardare il mondo.

Attraverso le pagine, ci sono riflessioni diverse, delle persone che ho incontrato, quelle mie e i miei pensieri sui problemi dell’essenza “La vita e la morte, la dignità e  la depravazione, l’aspirazione infinita dell’uomo e il limite dell’ esistenza.”Il trauma che stiamo vivendo in questo momento assomiglia al trauma che abbiamo vissuto 80 anni fa, durante la Grande Depressione, ed è stato causato da una serie di circostanze analoghe. Allora, come oggi, abbiamo affrontato un crollo del sistema bancario. Ma allora, come oggi, il crollo del sistema bancario era in parte una conseguenza di problemi più profondi. Anche se risponde correttamente al trauma (i fallimenti del settore finanziario) ci vorrà un decennio o più per raggiungere il pieno recupero. Se noi rispondessimo in modo inappropriato o con gli stessi strumenti neoliberisti che hanno favorito la crisi, questa durerà ancora a lungo e il parallelo con la Grande Depressione assumerà una nuova dimensione tragica. [ I macro-economisti mainstream sostengono che il vero spauracchio in una recessione non è caduta dei salari, ma la loro rigidità: se i salari fossero più flessibili (cioè bassi), la disoccupazione si sarebbe ridotta, auto- correggendo il problema! Ma questo non è stato vero durante la Depressione, e non è vero oggi. Al contrario, bassi salari e redditi portano semplicemente a una riduzione della domanda, indebolendo ulteriormente l'economia.] Secondo la vulgata tradizionale, la politica restrittiva della FED ha causato la crisi del 1929, oppure il crollo (autunnale) di Wall Street ha provocato la recessione (che inizia in estate!!!) dell'economia americana. Il problema oggi, come allora, è un'altra cosa: la cosiddetta economia reale. I paralleli tra la storia delle origini della Grande Depressione e quella della nostra crisi sono forti. Allora ci stavamo muovendo dall'agricoltura alla industria. Oggi ci stiamo muovendo dalla manifattura ad un'economia di servizi. Negli USA si calcola che il calo dei posti di lavoro nel settore industriale è stato drammatico, da circa un terzo della forza lavoro 60 anni fa a meno di un decimo di oggi. Il ritmo si è accelerato notevolmente nell'ultimo decennio. Ci sono due ragioni per il declino. Uno è una maggiore produttività, la stessa dinamica che ha rivoluzionato l'industria e costretto la maggioranza degli operai americani a cercare lavoro altrove. L'altro è la globalizzazione, che ha inviato milioni di posti di lavoro all'estero, a paesi a basso salario o quelli che hanno investito di più nelle infrastrutture o nella tecnologia. Qualunque sia la causa specifica, il risultato inevitabile è esattamente lo stesso di 80 anni fa: un calo del reddito e posti di lavoro. Per un certo tempo, la bolla immobiliare ha nascosto il problema creando una domanda artificiale, che a sua volta ha creato posti di lavoro nel settore finanziario e nella costruzione e altrove.

Giuseppe mi mette una mano sulle mia spalla: “Questa opera sembrerebbe un percorso dell’uomo  per la ricerca dell’amore, della felicità e la tranquillità in un mondo caotico e pazzo. Cerca, se riesci, a tradurlo anche in italiano!”

Annuisco. Ma in quel momento mi balena un’ idea ma tacevo senza dire nulla al mio carissimo amico. È la morte di Gấm! perchè lei se ne è andata prima di lui? Perchè quella è la mia grande paura, desiderio e anche la responsabilita’ di un marito… Lui non può morire prima di lei, lasciandola sola .. 

Credevo che quel pensiero fosse solo mio, ma dopo, quando Elena ha scritto sulla morte e sulla vecchiaia, ho capito che anche per lei la solitudine era un’ ossessione e  il suo piu’ segreto desiderio era quello di essere noi due insieme anche nella morte.

8-

“L’economia moderna è come una bicicletta. Ci costringe a pedalare continuamente, e chi si ferma, cade”. Così Franco, il mio compagno dell’universita’ aveva detto qualche anno fa. E mi sembra che oggigiorno tanti siano esausti,  e pedalino faticosamente.  La forte economia italiana e’ in crisi da alcuni anni. Molte fabbriche chiudono o cercano di sopravvivere. Molti miei amici sono preoccupati per il lavoro.  

Una mattina, leggendo il giornale “il Corriere della sera”, Elena mi chiamò: “ Da 5 mesi un negoziante non aveva pagato lo stipendio a un dipendente, un ragazzo affricano, il quale, accompagnato da un’amica, era venuto per  sollecitare il pagamento. C’e’ stata una lite. Il negoziante allora entra in casa e ne esce con i soldi in mano e li lancia in faccia al ragazzo. Mentre il ragazzo si piega per raccogliere qualche banconota, il negoziante gli spara alcuni colpi nella schiena. Un colpo va diritto al cuore per cui, quando lo portano al pronto soccorso, il ragazzo e’ gia’ morto. Anche la ragazza italiana che lo accompagnava viene ferita. Lei è una volontaria di un’ organizzazione, venuta per aiutare il ragazzo perche’ lui non parlava bene l‘italiano.

“Dappertutto la crudeltà è uguale. La bontà è limitata ma la cattiveria è senza confine.”

Sono rimasto immutolito. Non sapevo cosa dire. Dopo un po’, Elena aggiunge: “Ma cosa è questa vita? È  solo un respiro!  E  perchè non viviamo con il cuore sereno? È solo per l’avidità che la gente si odia e si uccide. Ora capisco perche’ il Buddismo è cosí profondo: Chi riuscisse a disprezzare il proprio interesse , vivrebbe una vita tranquilla e serena, e aprirebbe il cuore al prossimo”.

Guardo mia moglie. Un grande amore sale dentro il mio cuore. E mi sono ricordato che quando ho descritto la morte di Gấm, in nessuna pagina c’e’ disperazione. La forza dell’amore ha un stile straordinario, pur se consapevole della fine della vita, ma con gli occhi pieni d’ amore, Gấm guardava la vita con  aspirazione e tolleranza.

Sembrerebbe che sono arrivato a Milano solo ieri ma oggi sto già per ritornare in Vietnam. Un mese passa in un baleno. Cammino sulla strada di Cassina de Pecchì per comperare alcune cose e penso che tanti anni fa, queste strade erano sconosciute per me, poi mi ci sono affezionato e, dopo averle attraversate tante volte, ora stanno per diventare estranee. Le cose mutano. Ci si incontra per caso, poi ci si separa.

Milano- Sài Gòn

 Sài gòn- Milano

Fra 2 giorni, avrò il volo e all’improvviso mi tornano in mente i 4 versi di un carissimo amico, il saggio poeta Nguyen Bao Sinh:            

“Siamo sulla stessa barca che attraversa il fiume
      C’è chi va alla fermata, chi ritorna a casa.
      Continua tra l’ andare e il ritorno, il barcaiolo è confuso
      Non si rende piu’ conto se sta andando o sta tornando.”

   Milano-tháng 6 2011





VVM.23.7.2021

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